Mi tocca un esordio degno di questo nome, considerando la centralità e l'assoluta importanza di questi minuti durante i quali si fa la storia. Viene quasi da richiamare il celebre detto garibaldino, pur senza il suo entusiasmo dovuto a un ottimismo per certi versi più diffuso che adesso:
o si fa l'Italia o si muore.
La storia di oggi è una storia eclatante, che segna una svolta. C'è parecchia esitazione nel guardare e riguardare la molteplicità di informazioni lampeggianti che annunciano che adesso, in questi ultimi minuti, crolla il governo Berlusconi. La Repubblica - leggermente saccente - mi informa dal suo sito che sciorina aggiornamenti che ci sono voluti 1284 giorni di Governo per raggiungere un simile evento che, a questo punto, risulta epocale. Non si sente/legge altro che "è la fine di un epoca" su media italiani ed esteri e forse - non saremo certo noi a profetizzarlo - è proprio così.
Voci plurime parlavano di un trucchetto, di ripensamenti, strategie o sotterfugi, ma la notizia è certa: Napolitano ha preteso e ottenuto le dimissioni.
Berlusconi si dimette al Colle, tra le urla di gioia dei manifestanti e il
dito medio di Formigoni, che più di ogni altra cosa sembra esprimere il clima di questo nostro panorama politico.
Da 19 anni a

questa parte, Berlusconi è stato l'uomo al centro della scena in Italia. Ha adottato strategie di marketing facendo del suo partito (qualcuno ha definito "Forza Italia" un inno da stadio, facile da pronunciare e da assimilare) un'azienda ben oliata con l'unico scopo di fare del suo fondatore un unto dal signore, investito dal popolo stesso e da Dio. Si può dire che abbia rivoluzionato la politica stessa, professandosi uomo di destra ma applicando strategie economiche, una volta al potere, decisamente discordanti con i principi liberali della sua parte politica, facendo dei suoi governi teatrini sorridenti, concedendo alla Lega qualche biscottino e facendo dimenticare agli italiani il significato di molte parole, non ultima "
politica" (ndr. Jackie si è scelta un ambito semplice). A riconferma di questo si registra una disaffezione ormai cancrenizzata dei nostri concittadini per tutto quello che concerne i palazzi del potere e la >cosiddetta Casta: tutti odiano i politici, tutti odiano la politica e i suoi metodi, mai come adesso si è vista una così scarsa fiducia in chi ci governa. Ma guai a pensare che il problema è limitato solo al B. e ai suoi fedelissimi! La disaffezione è totale, apatica, diffusa; non perdona nessuno. E se chi attacca LE opposizioni nella loro moltitudine può ben argomentare, deve anche rendersi conto che l'ultimo, letale colpo di coda di Berlusconi è stato trascinare giù con sè anche tutti gli altri. Quante volte abbiamo sentito "se non ci sono io, non c'è neppure una alternativa", "la sinistra non esiste" oppure paventare uno spettro comunista in agguato? Questo avvelenamento passivo di tutto, in blocco, senza esclusione di colpi, ci lascia ad annegare in una situazione di paralisi, in cui i cattivi sono tutti e sono talmente tanti che alla sera gli incubi paiono barzellette.
I più maligni giurano che Berlusconi è talmente distante da una qualsiasi ideologia, che se al momento del suo esordio ci fosse stato un posto libero a sinistra si sarebbe buttato da quel lato; amaramente mi interrogo su quale sarebbe stato l'esito di un simile destino, ma non sono una maligna e la storia non si fa con i se e con i ma.
Del tragicomico siparietto che parte con la lettera della moglie al quotidiano la Repubblica, che segna quasi una svolta nel percorso umano e politico del fantomatico uomo protagonista di ogni genere di cronaca (politica, giudiziaria, rosa), è opportuno fare un accenno aperto e subito concluso, perchè questa istantanea fissata in un momento epocale non possa dirsi incompleta.
Rocco Siffredi e la sua ex moglie lo definiscono "
malato di sesso": Veronica lo lascia e la pornostar lo invita per parlare del loro "problema comune". La presunta malattia, legata a doppiofilo ad un crescente delirio di onnipotenza, lo portano nel corso degli anni ad una sempre maggiore convinzione che nulla lo potrà ledere, perchè dalla sua ha l'investitura del popolo. E allora via a festini, bunga-bunga, Noemi, nipoti di statisti e tutto quello che può soddisfare un infaticabile uomo anziano divorziato, che è disposto a usare la sua illustre poltrona di Presidente del Consiglio per promettere a ragazze consenzienti m

a disperate uno spiraglio televisivo o, perchè no? Politico! Vediamo quindi scendere in campo al fianco del cattolicissimo Formigoni, un po' bacchettone come si addice ai suoi trascorsi politici, una Nicole Minetti tutta lustrini e ammiccamenti, che rimedia le "vergini" al "drago" e si fa lei stessa gran protagonista di Arcore insieme a un sudaticcio e fuoriposto (?) Lele Mora e un ingessatissimo Emilio Fede (ndr. E come scordare la soavità dei versi di Apicella? ).
In questo panorama grottesco e tristemente italiano, la Chiesa - un po' tardiva - abbandona il suo pupillo, prendendo le distanze e auspicando un clima più sobrio che Berlusconi non può e non vuole concendere: è l'uomo del riflettore, dei lifting, delle risate sguaiate e delle battute un po' da bar che lo avvicinano - o avvicinavano? - a un tipo di elettorato che vedeva in Silvio il mito del "mi sono fatto da solo". Abbandonato dai sostenitori storici, continua la sua corsa da solo e lo fa con un Bossi ormai allo stremo, un Tremonti tremolante e occhiaie sempre più pesanti. La meta? La
santità.
Spacca l'Italia e i suoi poteri, dando addosso al Presidente della Camera "traditore", al potere giudiziario "fazioso e comunista". Sguinzaglia il potere dei suoi media, fa arrivare in parlamento bozze di legge per tappare internet e, non ultimo, si dichiara un perseguitato.
E l'epilogo? Difficile che qualcuno di così ingombrante svanisca in un battito di ciglia, mi dichiaro quindi tra i cinici per quanto riguarda una sua definitiva scomparsa. C'è da dire che le dimissioni di questa notte sono quanto di più lontano dall'uomo che si è sempre detto "
il miglior premier degli ultimi 150 anni", ma i numeri in Parlamento - almeno quelli - non sono un'opinione.
Che sia un giorno storico, una svolta o un nuovo inizio, di una cosa siamo ben certi: da domani iniziano le difficoltà, quelle più vere. Si tratta di riprendere in mano un'economia - a detta di tutti - allo sbando e riportare l'Italia al suo posto tra le potenze mondiali. Che sia un Monti, un voto popolare o lo spirito santo, c'è da rimboccarsi le maniche per dare inizio ad un processo che non finisce certo con la presunta (?) uscita di scena del B. Solo a quel punto, forse, saremo felici e contenti.